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Corradi Outdoor Attitude Online. Alfonso Femia e le contaminazioni di outdoor e indoor

Corradi Outdoor Attitude Online. Alfonso Femia e le contaminazioni di outdoor e indoor

Si è svolto in diretta live, il 27 marzo il primo appuntamento del format Corradi Outdoor Attitude Online, che ha visto Giorgio Tartaro, giornalista, autore e conduttore televisivo, dialogare con una delle grandi firme dell’architettura contemporanea, Alfonso Femia, fondatore di Atelier(s) Alfonso Femia (noto dal 1995 con il nome 5+1, e successivamente con il nome di 5+1AA) e autore del libro “I’m an architect. Architettura e generosità” in uscita per Marsilio Editore.

L’evento, che si sarebbe dovuto tenere al Circolo del Design di Torino (ma è stato prontamente convertito in un incontro online), ha indagato il senso delle parole, relativo in particolare alla contrapposizione tra indoor e outdoor e al significato che assume il loro rapporto nei diversi linguaggi e nella contemporaneità, oltre alle possibili azioni di progetto, presenti e future. Ma quali sono le parole “chiave” che descrivono la relazione tra spazio interno e ambiente esterno? E quali le conseguenti possibili azioni delle aziende, dell’uno e dell’altro settore? Cerchiamo di scoprirlo insieme ad Alfonso Femia, che ci ha raccontato di spazi ancora tutti da immaginare e delle loro infinite opportunità.

La percezione dell’outdoor: ricreare un valore

Nonostante i molteplici esempi di architettura sostenibile che mirano a creare un tessuto urbano che connetta sempre di più uomo e natura, siamo ancora lontani, secondo Femia, dal percepire il reale valore dell’outdoor. Infatti, spesso l’esterno è tuttora visto come una “conseguenza” dello spazio costruito, di un qualcosa che viene usato soltanto parzialmente e di cui non si comprendono effettivamente le potenzialità. “Siamo dentro a una concezione di uno spazio esterno che ancora non interagisce con la visione complessiva, dal punto di vista progettuale”, così spiega Femia. Se lo spazio costruito definisce una soglia intima e più funzionale, è però l’outdoor ad appartenere a tutti, ed è ciò che tiene insieme gli individui e li trasforma in collettività.

Questo, quindi, il punto di partenza per restituire il giusto valore all’outdoor: collegare le diverse esigenze, quelle della pianificazione urbana e quelle del singolo privato, cercando di cambiare i paradigmi nell’immaginare gli spazi. “La chiave è non distinguere il micro dal macro, ma lavorare contemporaneamente con queste due condizioni, concentrandosi sulla fruizione degli ambienti. Per questo, parlo spesso dei terrazzi o dei balconi nei sistemi residenziali: i clienti vogliono terrazzi generosi, ma poi viene a mancare la progettualità di come questi possano essere attrezzati e vissuti”.

Il ruolo delle aziende per tornare comunità

In questo cambiamento di paradigma, qual è il ruolo delle aziende? Per l’architetto, sicuramente il primo passo è quello di riflettere sulle proprie modalità di pensiero e azione, cercando di capire cosa sarebbe opportuno cambiare. “Io credo che lo spazio esterno assuma prepotentemente un grande ruolo, soprattutto in questi tempi in cui ci è stato limitato a causa dell’emergenza sanitaria”, spiega Femia. Infatti, l’outdoor è il luogo che ci permette di tornare comunità: tuttavia, ha bisogno di essere ripensato e trasformato, innestando nuovi ragionamenti. In questo contesto, le aziende ricoprono un ruolo importante: è necessario un dialogo costante – e nutriente – tra loro e i progettisti, i cui frutti devono portare a trovare le soluzioni mancanti e a soddisfare le esigenze future. Le aziende, quindi, costituiscono una preziosa risorsa, perché “parlano di territorio”, come dice Femia: “io gioco sempre sul fatto che ‘materia’ vuol dire mestiere e mestiere vuol dire territorio, vuole dire storia, tradizione, capacità e, quindi, comunità. Oggi più che mai, in un mondo che si è fermato, comprendiamo quanto la comunità non possa che partire da queste condizioni, e dunque, in primis, dalle aziende che sono legate al territorio”.

“Immaginare luoghi di destinazione”: la nuova frontiera dell’architettura

Dalle difficoltà possono nascere le opportunità. Per l’architetto, è il momento di ripensare a cosa si vuole che accada adesso per immaginare un futuro che sia meglio di prima. È necessario, allora, creare delle situazioni in cui interno ed esterno dialoghino e interagiscano continuamente tra loro: indoor e outdoor esistono nella loro dimensione “fisica” di spazi, ma devono puntare a diventare un tutt’uno. L’obiettivo è quello di costruire e immaginare dei luoghi di destinazione, ossia degli ambienti che non debbano essere semplicemente “attraversati”, ma che ci appartengano davvero. “Questo è possibile proprio attraverso l’eliminazione della soglia divisoria tra l’interno e l’esterno”, racconta.

Quali sono, dunque, le parole chiave su cui è importante lavorare nel futuro che sta arrivando? Per Femia la prima e la più importante è senz’altro responsabilità: “intesa come azione positiva, che deve sposarsi con un’idea di desiderio, desiderio di bellezza, di progetto, di incontrare luoghi. Questo accade sempre all’interno di quella soglia particolare tra dimensione intima e collettiva: amiamo i progetti che mettono in relazione questi due rapporti, perché è lì che si assume la responsabilità di costruire un’idea di futuro”.

Per i mesi a venire, secondo Femia, non mancherà una consistente richiesta di progettualità, in una sorta di nuovo Rinascimento. Occorrerà, tuttavia, essere esigenti – e responsabili – nell’immaginare progetti generosi e trasversali, che cambino i nostri paradigmi. Si va, dunque, verso una riappropriazione degli spazi esterni, e in questa direzione architettura e comunicazione dovranno collaborare per creare una nuova cultura dell’outdoor.

Intanto, prima che il domani arrivi, possiamo fermarci a pensare a quale sia il ruolo di ciascuno di noi e cercare le nostre personali parole chiave, su cui cominciare a lavorare per riprogettare il presente e, quindi, il futuro che verrà.

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